Sabato scorso lo Space Shuttle Endeavour ha
compiuto il suo ultimo viaggio a dorso di Boeing 747. E ha chiuso un’era.
Shuttle in inglese vuol dire spoletta, intendendo la parte del telaio che
consente di tracciare la trama lungo l’ordito. Ed era esattamente questo che il
progetto Space Shuttle ci aveva promesso con il primo, entusiasmante lancio del
12 aprile 1981. Un lancio trasmesso in diretta televisiva in buona parte del
pianeta. Un buffo aereo dalle ali piccole e dai grossi razzi per scavalcare
l’atmosfera. Un veivolo da 85 tonnellate eppure capace di venir giù dallo
spazio planando come un etereo aliante. Lo shuttle prometteva di tessere un
futuro dove si intrecciavano voli dentro e fuori l’atmosfera, dove si
costruivano basi spaziali, dove lo sguardo fosse sempre puntato verso l’alto,
verso l’esterno. Verso quelle che trentuno anni fa apparivano come le mai
raggiunte “magnifiche sorti e progressive”. Poi ci siamo accorti di non essere
diversi da Icaro. Di aver fabbricato ali troppo fragili per i sogni che
dovevano sostenere. Supremazia politica ed economica, certo. Non dimentichiamo
che nel 1981 la guerra fredda era ancora in corso, così come la mai conclusa
sfida per lo spazio e il sogno bellico dello scudo spaziale. Ma fuori dalle
stanze dei bottoni c’eravamo noi, che da bambini avevamo assistito allo sbarco
sulla Luna. Noi che alla nuova frontiera vagheggiata da Kennedy ci credevamo
ancora. Noi che eravamo cresciuti con le immagini di Star Trek, del comandante
Straker che andava e veniva dalla Luna, di Spazio 1999. Noi che vedevamo in
quei sette ardimentosi a bordo degli Shuttle i precursori di una folla di
viaggiatori spaziali. L’illusione è svanita presto. Dopo soli 5 anni dal primo
volo, il Challenger esplose in fase di decollo uccidendo l’equipaggio. Il sole
aveva cominciato a sciogliere la cera sulle ali di quell’illuso di Icaro. Era
il 1986. Alla Casa Bianca viveva Ronald Reagan. Sting cantava “Russians”
sperando che i sovietici amassero i loro figli abbastanza da tenerli lontani da
un’escalation nucleare. Ma la storia stava per cambiare, la corsa allo spazio
stava per concludersi. Gli Space Shuttle hanno volato 135 volte e sono
precipitati due. La seconda tragedia, quella definitiva, data 1 febbraio 2003 e
vede il Columbia disintegrarsi al rientro nell’atmosfera per un guasto allo
scudo termico. È la fine, anche se ufficialmente il programma Space Shuttle si
è concluso a luglio 2011. E sabato scorso uno dei tre shuttle rimasti è
tristemente volato, a dorso di Boeing 747, verso una collocazione museale e
californiana. Poco importa che attualmente ci siano nello spazio, anche
profondo, manufatti umani in azione. Volano ancora le vecchie sonde Voyager. È
ancora in orbita il telescopio Hubble, salvato proprio da una missione Shuttle.
Il rover Curiosity è atterrato su Marte poco più di un mese fa. Ma sono
propaggini lontane. Icaro voleva volare, affrontare l’ignoto. La realtà lo ha
tirato giù, infrangendone il sogno.
Laura
Costantini
Per fortuna che il progetto si è chiuso: magari, se volava ancora, i consiglieri del Lazio avrebbero organizzato una festa sulla Luna, a spese nostre, ovviamente!
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