Ci avviamo verso un mondo senza parole. Un mondo fatto di
immagini. Un mondo che sarà più povero, ma quanto più facile. Perché
un’immagine è immediata. Fossimo scienziati, potremmo spiegarne il motivo. Non
lo siamo, ma immaginiamo che interpretare una serie di simboli astratti, riconoscerli
come parola e interpretarla, implichi l’uso di molte più sinapsi di quelle
utilizzate per guardare un’immagine e recepirne il messaggio. In fondo è una
questione di risparmio energetico. E magari ci convinceranno che pensare meno
sia ecologico. Già oggi sono molto più diffusi i rotocalchi, i giornali con le
“figure”, che non i quotidiani. La copertina di una rivista di gossip potrebbe
andare in stampa senza titoli. Capiremmo immediatamente che Tizia ha la pancia
e quindi è incinta, Caio sgattaiola da un albergo e quindi tradisce la sua
compagna, Sempronia si è appena rifatta il lifting. Comunicazione istantanea,
irrinunciabile. Per questo, nella settimana scorsa, si è molto dibattuto su due
immagini. Due immagini che più diverse non si potrebbe ma che raccontano dove
stiamo andando. La più choccante tra le due è stata senza dubbio la foto di
Chris Stevens. Ritrae l’ambasciatore americano in Libia, ormai cadavere,
trascinato fuori dal bunker che avrebbe dovuto proteggerlo dalla furia dei
rivoltosi di Bengasi. La foto è impietosa e per questo efficace. Fa
tranquillamente il paio con quella del cadavere di Gheddafi, insanguinato e
oltraggiato. In America, come nel resto del mondo, Italia compresa, l’hanno
pubblicata in tanti. È la stampa, bellezza, avrebbe detto Humphrey Bogart. È,
anche, la volontà di mostrare lo strazio della vittima per rendere tanto più
odioso il carnefice. Chi ha pubblicato quella foto ha voluto dire a chiare
lettere: ecco, questo è quel che resta della primavera araba, questo è il mondo
islamico, questo è il risultato della politica di avvicinamento di Barack
Obama. Visto quante parole servono, per ottenere lo stesso risultato? La
seconda foto più discussa nei giorni scorsi è di tutt’altro genere. E lancia un
messaggio meno politico e più volgare: sei famoso? sei un personaggio pubblico?
Allora non hai diritto alla privacy. Vittima, lo sappiamo tutti, Kate
Middleton, ormai duchessa di Cambridge, principessa e futura regina d’Inghilterra.
Una ragazza di 30 anni che prende il sole sul terrazzo di una lussuosa
abitazione privata e si toglie il reggiseno. Adesso tutto il mondo sa come sono
fatte le tette della moglie di William e nel vuoto son caduti gli appelli di
Buckingham Palace affinché le foto non venissero pubblicate. Si potrebbe
obiettare che se uno mette in diretta davanti a miliardi di persone il proprio
matrimonio, poi ha poco da lamentarsi. Ma quel che colpisce è che un rotocalco
italiano sia uscito in edizione straordinaria con tutti gli scatti incriminati.
Mentre scriviamo non possiamo sapere quante copie avrà venduto. Ma saranno
tante. Troppe.
Laura Costantini
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