La fila è stata di tutto rispetto. Ordinata e multicolore. I
modelli c’erano tutti, dalle due alle quattro ruote. Uomini, per la maggior
parte, perché era domenica e le donne, di domenica, stanno a casa a preparare l’unico
vero pranzo della settimana. In verità la fila esisteva da ventiquattrore e sarebbe
continuata per altre diciannove. Poi basta, perché quello del 2/3 settembre è stato
l’ultimo week-end. C’è chi si è portato le taniche e le ha riempite in fretta,
magari spandendo in terra un po’ del prezioso e olezzante liquido. Ha lanciato
sguardi di scusa a chi attendeva dietro di lui, ma non ci sono state proteste.
La fila era tranquilla, silenziosa. Solidale. Perché lo sapevamo tutti che era
l’ultima occasione. Certo, potranno esserci altre offerte, ma è stata fin
troppa la guerra scatenata dall’estemporanea iniziativa. “Se non parti così,
quando ripartiamo?” ci ha ricordato per tutta l’estate la maschera da lucano
rassegnato di Rocco Papaleo. All’inizio, ammettiamolo, non gli avevamo prestato
attenzione. Uno spot perso tra i tanti. Poi ha funzionato il passaparola e il
colpo d’occhio. Ci hanno insegnato a controllare i prezzi esposti prima di
alzare la freccia ed entrare in una stazione di servizio. Un po’ come facciamo,
da sempre, tra i banchi del mercato. Ci hanno costretto, anche, a rassegnarci a
quei numeri in fase di decollo e senza decimali. L’euro che si maschera da
vecchio conio e gioca a confonderci, a illuderci. Non un euro e trenta (che
equivale a duemila e seicento lire), ma mille e trecento. Poi mille e
quattrocento, mille e cinquecento e via moltiplicando. A duemila (due euro al
litro, quattromila delle vecchie lire) ci siamo arrivati in scioltezza,
letteralmente. Sciolti dal caldo di un’estate eccezionale, ammorbiditi dalla
rassegnazione, costretti dalla quotidianità che imponeva comunque le partenze
estive. Alla ricerca di un fuggevole refrigerio e dell’illusione che tutto
fosse come sempre. Come prima. Ma non lo è. Non può esserlo. Quello appena
trascorso è stato l’ultimo week-end. Adesso tutto ricomincia. Da qualche parte
ha ricominciato a piovere. Dappertutto chi un lavoro ancora ce l’ha ha ripreso
il suo posto. In quasi tutte le case si è rimessa mano ai conti. Il pieno di
carburante per l’auto è un investimento, ormai. Un investimento che non rende.
Certo, c’è stato l’ultimo week-end e quella fila così compatta e obbediente.
Mille e settecentocinquanta per la verde, milleseicentocinquanta per il diesel.
Abbiamo riempito i serbatoi con un liquido che costa più di un litro di latte,
più di tre litri di acqua minerale, più di un chilo di pane. Li abbiamo
riempiti tutti, sorbendoci la fila tante volte quanti erano i veicoli in
famiglia: la monovolume di papà, l’utilitaria della mamma, lo scooter del
figlio. Abbiamo riempito anche le taniche, e non si potrebbe, per poi stiparle
in cantina. Ma non durerà. E Papaleo, con quella sua faccia triste, lo sapeva
che non si ripartiva. Neanche così.
Laura Costantini
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