La scena si svolge a Roma, zona periferica a due passi dalla Tiburtina. Parchetto cittadino, più sterrato che verde, ma con panchine, giochi per bambini, una pista per pattinare. Tira vento e trasporta in cielo nuvoloni, ma il tempo pare regga. Nella zona centrale del parchetto c'è una piccola piazza lastricata, gazebo bianchi, banchetti e qualche sparuto manifesto a spiegare che si tratta del Flep, Festival delle letterature popolari. Musica a palla. Libri. Non moltissimi, per la verità. Uno degli editori che spongono spiega che dovevano essere molti di più, poi qualcuno ha rinunciato. Comunque, movimento ce n'é. Un po' le mamme che portano al parco i bambini. Un po' i giovani, quelli con la borsa a tracolla, la sciarpa etnica d'ordinanza e il bicchiere di plastica pieno di vino rosso che fa tanto happening. Un po' gli addetti ai lavori (leggi autori, editori, ragazzi che devono gestire gli stand, organizzatori). Un po' gli anziani. La musica è infernale, quasi impedisce di parlare. Di leggere no, se sei bravo ad astrarti. Così succede che ti siedi, cancelli i decibel sfondatimpani e l'aroma bruciaticcio delle salsicce che rosolano, prendi il libro per cui sei lì (Roma per sempre di Marco Proietti Mancini, Edizioni della Sera) e cominci a leggere.
"E' libera quella sedia?"
Alzi gli occhi. Uomo. Anziano. Evidentemente in vena di chiacchiere. Preferiresti di no, ma annuisci. Poi torni alle pagine, Marco ti sta raccontando di un giro in scooter per Roma e tu lo segui assorta, vedendo la tua città come mai prima.
"Di che si tratta?"
Alzi gli occhi. L'uomo anziano ti sta guandando.
"Chiedevo, di che si tratta? E' un mercatino?"
Beh, le bancarelle ci sono pure, ma lo vedrebbe anche un cieco che sono cariche solo di libri.
"E' il festival delle letterature popolari", rispondi. E ritorni alla pagina dove Marco, dallo Zodiaco, sogna di fare l'amore con Roma sdraiata e discinta.
"Ah, allora solo libri..."
Alzi gli occhi. Lo sguardo da inceneritore.
"Cosa c'è di meglio?", provochi.
"Ah, guardi, non lo dica a me. Ho tre lauree io. Ma proprio per questo poi con i libri ho chiuso."
E non fa una piega, siete d'accordo?
Vorresti tornare a leggere, ma sai che non è possibile. L'uomo ormai è lanciato.
"Per attirare la gente ci vuole altro. Non so, un po' di musica."
Avete davanti un sistema di amplificazione e un microfono che preludono a una qualche esibizione. E la musica, martellante e insopportabile è ovunque grazie agli altoparlanti.
"Magari un po' di teatro."
"I libri non bastano?", chiedi. "Cosa c'è di più bello del leggere?" (a parte non trovarsi accanto un rompicoglioni, aggiungeresti, ma tralasci).
"Guardi, non lo dica a me (e sono due!). Io mi sono portato questo."
Esibisce un libercolo vecchio e attorcigliato, spessore iPhone, tanto per essere moderni. E' una dispensa sulla storia d'Italia, una di quelle che alle volte regalavano con i quotidiani.
"L'ho letto un sacco di volte, ma me lo rileggo per ricordarmi come è stata fatta l'Italia."
Annuisci e ributti lo sguardo sul racconto di Marco che ti chiama a gran voce.
"Ma la gente ha bisogno di altro. Una piccola esibizione, magari un drink, uno spuntino..."
Alzi gli occhi, ancora. Il fumo delle salsicce è ovunque e satura l'olfatto, ma forse l'uomo ha il raffreddore.
"Penso che a breve provvederanno a esporre panini con la salsiccia", rivelo.
Gli occhi dietro gli occhiali si illuminano come mai farebbero per una copertina.
"Ecco, lo vede? Ci vuole il richiamo per la gente. Ma dove..."
Lo previeni. Punti l'indice in fondo alla piazza, lì dove si elevano le fumigazioni gastronomiche. Un attimo e sei libera. Saperlo prima...
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ora lo sai, la prossima volta portati dietro pane e salsiccia e toh! non gli lasci aprire bocca, anzi gliela riempi tu e continui la lettura del libro di Marco P.M.
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