Sembra un
evento lontano, di quelli che non ci riguardano. Se non fosse accaduto,
pochissimi di noi avrebbero avuto presente uno stato chiamato Kentucky e quasi
nessuno avrebbe sentito nominare Burkesville. Poi succede che un bambino di
cinque anni prende un grazioso fucilino, lo punta contro la sorellina di due e
fa bang. Lo abbiamo fatto tutti, da piccoli, anche col dito: bang e la vittima
cadeva inscenando una morte eroica. Ma a Burkesville il bang detto con le
labbra è stato soffocato dal bang
vero. Perché il fucilino era piccolo e
grazioso, a misura di braccia di bambino, ma non era un giocattolo. Era un
fucile vero, con una pallottola vera. E non c'é
stato niente di divertente ed eroico nel cadere a terra di un corpicino di bimba
di due anni. È successo anche da noi,
raramente, ma è successo. Solo che il bambino
era andato a pescare, con la curiosità
imprudente che è propria dei più
piccoli, la pistola di papà. La
tragedia, quando il grilletto è stato
premuto, ha distrutto una vita e una famiglia. Ma. Ma negli Stati Uniti delle
stragi nelle scuole e nei cinema. Dei pazzi che impugnano un'arma e decidono di
farne fuori a decine prima di uccidersi. Di un presidente che sta cercando in
tutti i modi di mettersi contro le lobbies dei costruttori di armi. In quel
paese così vicino eppure così
lontano, ci sono genitori che in occasione della quarta candelina sulla torta,
si collegano al sito di una fabbrica di armi, cercano la pagina "my first
rifle" (il mio primo fucile) e spendono circa 200 dollari per un fucile calibro 22 Crickett. Disponibile anche in rosa,
per le femminucce. Non è un giocattolo. È un'arma funzionante. Porta una sola
pallottola, quella che i genitori del bambino di Burkesville non ricordavano
fosse ancora in canna. La mamma lo aveva lasciato solo con la sorellina, pochi
minuti. Era uscita in veranda. Il bambino era comunque autorizzato a giocare
col fucile. Era il suo fucile. L'azienda che lo ha prodotto, la Keystone Sporting
Arms, si trova a Milton, in Pennsylvania, produce circa 60 mila armi destinate
ai bambini e dichiara che "l'obiettivo è insegnare la sicurezza dell'uso delle
armi ai giovani". Possiamo sperare che il piccolo di Burkesville, se e
quando si renderà conto di quanto accaduto, avrà le idee piuttosto chiare
sull'opportunità di tenere un'arma carica in casa. Possiamo sperare che,
in nome della sorellina di due anni, crescendo diventi un oppositore della
libera detenzione di armi e possiamo spingerci a credere che, quando sarà grande, le regole che
Obama sta tentando di imporre abbiano fatto la differenza. Ma la realtà di oggi, quella che
rende questa vicenda così vicina a noi, è l'arroganza del profitto. Le armi
procurano un giro d'affari di miliardi di dollari e la vita di tanti innocenti è un prezzo da pagare a
cuor leggero in nome del dio denaro. Vale anche qui. Morti sul lavoro, morti
per il lavoro, morti per aver perso il lavoro. Tutte vittime dell'arroganza del
profitto.
Laura Costantini
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