Il mondo dei vivi è lontano. Cammino da tre giorni, vagando
in radure e boschi.
Cè un tempo per correre, un tempo per nascondersi e un tempo
per fare l'ultimo viaggio.
Il killer dentro di me sta allargando il suo dominio ma non
mi lascerò abbattere da lui.
Combatto i morsi lancinanti del male incistato nell'addome
procurandomi ferite alle mani e graffi sul viso mentre mi apro il passaggio tra
rovi e sterpaglie.
Sono talmente esausto che potrei addormentarmi appoggiato ad
un tronco e morire nel sonno. È ciò che voglio in fondo. Ho lasciato
definitivamente il mio vivere tra la gente, nessuno piangerà per me, ho passato
gran parte del mio tempo a fuggire le persone, nessuno verrà a cercarmi.
Il fiato si fa corto. Mi accascio abbandonandomi sul dorso.
Guardo il cielo, palcoscenico di questo ultimo giorno. Il
sipario della notte cala sulle quinte degli alberi. La vista si annebbia per un
momento, sono consapevole e lucido, non è ancora la mia ora, sarebbe troppo facile.
Il mio programma prevede che non lasci niente su questa
terra. Facilito il compito della natura spogliandomi di ogni indumento per
uscire dalla vita con lo stesso vestito col quale sono entrato.
Appoggio la testa sul cuscino di panni, sono tanto stanco e
mi assopisco in un amen.
Mi sveglia il soffio del vento tra le querce e i
castagni.
Passi leggeri sullo strame in putrefazione sollevano odore
di funghi.
Passi accorti di qualcuno in ricognizione. Chi si aggira in
un posto simile di notte se non un altro essere solitario?.
Si sta avvicinando, sento il suo ansimare, forse ha
camminato a lungo come me. Cosa starà cercando?
Eccolo. È vicino, riesco a distinguere quattro zampe. È su di me, mostra i denti affilati, lunghi e
ricurvi ma subito il suo ringhio si tramuta in un mugolio domestico, mi annusa,
lecca il sangue delle mie ferite. Sento la sua lingua ruvida sul mio volto. Sto
immobile ma non ho paura.
La nube che oscurava la luna si è spostata più avanti.
Ora lo vedo meglio: fronte ampia, occhi chiari dal taglio
leggermente obliquo, le orecchie in posizione eretta lungo il profilo della
testa: è un lupo. Questa splendida creatura sicuramente ha fiutato il mio odore
di morte, si accuccia accanto a me incrociando le zampe sul mio petto nudo. Non
ha fretta. Il suo pasto è assicurato. Punta gli occhi nei miei. Cosa aspetta?.
Forse non vuole che lo fissi mentre mi sbrana. Vigilerà il mio sonno-veglia e
quando abbasserò le palpebre mi azzannerà alla gola. Berrà il mio sangue, farà
a brandelli il mio corpo scegliendo le parti migliori.
Potrei anticipare il suo intervento con uno scatto
improvviso e farla finita subito ma prendo tempo e sto in contemplazione del
suo muso circondato dall'aureola lunare. Allungo lentamente una mano per
accarezzarlo, non ho niente da temere, quello che deve fare lo farà ne più ne
meno; sembra godere del passaggio della mia mano sul suo pelo.
Siamo talmente a contatto che sento il pulsare del mio cuore
al ritmo del suo, ricevo calore dal suo corpo accovacciato sul mio.
C'è una rima e una ragione a spiegare la poesia di questo
mondo selvaggio e la trovo ora che il mio
cuore di viaggiatore batte il suo tempo prima di essere lanciato in
orbita tra le stelle..
Da qualche parte nel profondo della mia anima sento che è
arrivato il momento.
L'eco perfetto di un ululato riflette contro un anonimo muro
di cielo. Non è un fluttuante canto modulato alla luna ma un richiamo alla
predazione. Non è un solitario, mi ero sbagliato, è un capo, sta invitando il
suo branco al banchetto.
In un universo in cui regna la morte, si restituisce alla
morte quanto le appartiene.
La notte termina ai margini dell'aurora in fiamme.
Una tranquilla resa alla fretta del giorno.
Nella luce del mattino le cose appaiono diverse da come
apparivano nelle ore precedenti.
Vedo i resti di un essere umano su un letto di foglie
disfatto. Un ronzio di mosche circola nell'aria, mentre una fila di formiche
sta arrivando per pulire la scena.
Ho bisogno di bere e una gran voglia di correre. L'orizzonte
intorno mi appare al di sopra dei cespugli di erica. Sento lo scorrere di un
ruscello, il mio istinto mi dirige presso la riva. Un diga di castori ha creato
una pozza d'acqua. Alcuni animali che si stavano abbeverando, come mi vedono
apparire fuggono spaventati dalla mia presenza. Immergo la lingua nell'acqua e
bevo grandi sorsate per dare refrigerio alla mia gola secca.
Lo specchio liquido riflette una figura diversa da quella
che ho sempre visto fino a ieri. Assomiglia a qualcuno che ho lasciato da poco.
Mi guardo attorno spaventato, non c'è nessuno oltre me. Mi riavvicino all'acqua
per ritrovarmi.
Chi rinuncia allo sguardo impuro non perde la vista, il suo
corpo viene anzi illuminato da una luce pura; rinunciando al mondo non lo
perde, ma lo assorbe nella sua solitudine.
Sono un lupo.
Una nuova tappa nel cerchio sacro, l'inizio di un'altra
storia, altri affanni, altri dolori, gioie e bisogni. Il mal di vivere si espia
sulla terra. Sarò costretto a starmene qui per cercare l'armonia e la gioia di vivere che nella
precedente esistenza non ho saputo trovare.
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