lunedì 9 dicembre 2019

La fata nel vento e altri racconti (di Francesca Montomoli - edizioni Della Goccia) #mèpiaciuto


Conosco la capacità dell'autrice di trasfondere poesia anche in ciò che a noi può apparire molto distante dal concetto stesso di poesia. Qui siamo di fronte a una raccolta di racconti molto diversi, ma tutti legati dal filo rosso (mai rosso come in questo caso) della passione per la scuderia di Maranello. L'autrice è una ferrarista e la sua passione, unita alla preparazione tecnica, appare evidente nel modo in cui storie di uomini, donne e gatti si intrecciano intorno al profilo filante della più iconica delle auto da corsa. Non amo in modo particolare la Formula 1, ma ho apprezzato ogni singola pagina, così come l'attenzione che l'autrice dimostra a ciò che, inevitabilmente, porterà alla fine di un'epopea di uomini e motori. L'impatto ambientale della F1 è devastante, lo sappiamo. Ma la Ferrari, la fata nel vento del titolo, è molto più di scarichi e materiali tossici. È un sogno declinato in metallo, plastica, velocità, rischio, potenza, lusso e tutto rigorosamente italiano. Questa raccolta è un omaggio soffuso di malinconia e anche un modo per non dimenticare che veder girare la Ferrari è sempre stato molto più che sport.
I racconti sono una forma narrativa che può dare grandi soddisfazioni, ma in Italia una raccolta di racconti spesso scoraggia editori e lettori. Il tuo è stato un atto di coraggio?
Non credo possa definirsi un atto di coraggio, semmai una sfida, ma direi più una forma di caparbietà.  
Amo i racconti, anche brevi o brevissimi, amo leggerli da sempre e percepisco questa forma narrativa come il mio habitat naturale, un “luogo” in cui mi sento a mio agio e al quale non voglio rinunciare. Perciò sono particolarmente felice di aver trovato due editori, seri e onesti, intenzionati a raccogliere il guanto proponendoli al pubblico.
Con questo non voglio certo dire che disdegno i romanzi, anzi, adoro lasciarmi catturare dalle infinite vite e immensi mondi che ti regalano (ne sto scrivendo uno proprio in questo periodo anche se certamente non sarà lunghissimo) ma la breve distanza, l’incursione fulminea, l’immersione totale seppur temporanea in un’altra vita, esercita su di me un grande fascino.
Non credo sia mai accaduto che un'auto sia stata scelta quale musa letteraria. Com'è successo?
Ovviamente esistono molti libri che ruotano attorno al mondo dell’automobilismo sportivo, principalmente tecnici o biografici, ma anche bellissimi romanzi (L’arte di correre sotto la pioggia di Garth Stein, per esempio, che trovo meraviglioso e che da poco è approdato sul grande schermo) in cui il fulcro della narrazione è comunque un “essere vivente” nel senso più tradizionale del termine: il pilota, il pioniere, il costruttore (o il cane di famiglia, come nel libro citato). L’auto, pur essendo sempre al centro dell’attenzione, resta subordinata.
L’auto in questione, però, è diversa. È leggenda. È più di una semplice passione sportiva, è amore. È questo che ho cercato di raccontare attraverso le vite dei personaggi a due e quattro zampe che popolano i miei racconti. Storie quasi vere, perché ispirate a fatti e/o vite reali anche se opportunamente e molto, molto liberamente romanzate.
Un sentimento che conosco e vivo in prima persona. Un amore che, pur essendo potente, non necessariamente contamina o inquina la vita e i buoni sentimenti di chi lo prova. Non è la passione sportiva a produrre danno, il danno è già nell’animo di chi lo produce e in tal caso la tifoseria diventa un pretesto per dar sfogo ai propri istinti negativi.
Ti racconto un episodio. Una volta, una persona di cultura, un professionista che stimo, non sapendo della mia passione per le corse automobilistiche, durante un incontro/dibattito al quale stavo partecipando, se ne uscì con un’affermazione piuttosto infelice: ribadendo l’importanza di momenti come quello per mantenere alta  l’attenzione sulla cultura e alimentare la vitalità di un fermento artistico che non fosse totalmente alla deriva, disse più o meno così “ce ne sono fin troppi che si fanno inebetire da un motore rombante che gira e gira, e non sanno nemmeno cosa sia un libro, o una poesia, o un’opera sinfonica o quali siano le cose importanti nella vita”.
Molti occhi mi hanno fissato, io non ho ribattuto, non era il contesto né il momento adatto a montare una polemica. Ho preferito scrivere e cercare un editore che desse voce a una passione che non, o almeno non sempre, inebetisce. Perché l’amore per la Rossa è un tema, una colonna sonora che accompagna e colora la vita.
Colpisce l'immagine che presenti del futuro del circuito di Monza. La Formula Uno è destinata a sparire, ma la voglia di moderni cavalieri che si sfidano sul filo del rischio non può finire. Che ne pensi?
Al futuro distopico dell’ultimo racconto si arriva per gradi attraverso i due che lo precedono. Gli appassionati storici vorrebbero che non finisse mai, e mi riferisco a chi, come me, segue la F1 da quasi cinquant’anni o più. Eppure proprio noi, forse noi più degli altri, abbiamo chiara la percezione che si trasformerà in qualcosa di profondamente diverso, in parte è già accaduto e continua ad accadere stagione dopo stagione. Non mi rende felice ma sono convinta che sia un processo inarrestabile. È nella natura delle cose.
I cavalieri del rischio, come li abbiamo conosciuti noi, non esisteranno più, ma certamente nasceranno nuove sfide. Fa parte della natura umana, è il motore che spinge ogni genere di ricerca, che sia personale, sportiva o scientifica.

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