La scorsa settimana è uscito un libro. Ne escono centinaia ogni santo giorno. Ma questo è un libro diverso, importante. Un libro di cui si è riusciti a parlar male prima ancora che uscisse e si avesse modo di leggerlo. Si intitola “Se questi sono gli uomini – Italia 2012. La strage delle donne” e lo ha scritto il giornalista Rai Riccardo Iacona. È un libro inchiesta sulla violenza omicida che, statistiche alla mano, un giorno sì e uno no colpisce una donna in Italia. Eppure. Eppure, scrive lo stesso Iacona, non è che gli uomini “sottovalutino la morte di Vanessa (Scialfa, uccisa in Sicilia dal suo compagno e scaricata lungo l’autostrada, n.d.r.) o delle altre donne ammazzate [...] ma per loro la storia finisce quando si scopre il cadavere, l’assassino ha confessato [...] Una volta che la marea emotiva si abbassa, non è più la storia di tutti, ma solo un brutto fattaccio che non ci riguarda [...] storie di pazzi, di malati, di poveracci...” Anomalie, casi isolati. La levata di scudi maschile è stata pressoché unanime. Leggiamo in Rete un commentatore che fa dei distinguo: “...il femminicidio è una parte irrilevante dell’insieme della violenza di genere. Ritengo che sia più importante agire, dal punto di vista culturale, sulla violenza familiare che non sul femminicidio; ritengo altresì (e i numeri lo dimostrano) che non ci sia nessuna relazione tra i casi di femminicidio e il dispiegarsi allarmante della violenza contro le donne.” Continuiamo con un commentatore del Fatto: “La violenza sulle donne è colpa delle donne stesse, quasi nessuno ammazza la compagna da un giorno all’altro, è sempre un climax di prepotenze e piccole violenze che crescono con il tempo e che la donna accetta a causa di una mentalità sottomessa.” E un altro: “Gli studi dicono che le donne nell’ambito domestico sono più violente degli uomini.” E ancora: “Dobbiamo appurare ora se ci sono donne che amano gli uomini. Che abbiano, chesso, scritto un libro o magari dedicato un pezzo del loro tempo alla strage più che quotidiana dei morti sul lavoro.” E anche: “Da uomo, quello che mi fa fastidio è il titolo del libro, che fa di tutta l’erba un fascio e criminalizza l’intero genere maschile senza fare un distinguo.” Dulcis in fundo: “Iacona non è un uomo. Semmai puoi chiamarlo maschietto, maschio-pentito o zerbino femminista.” Tutti costoro hanno parlato prima di aver letto il libro. Ma l’autore se lo aspettava, perché nella prefazione ha chiarito che “di guerra si tratta, di uomini che si armano per uccidere le loro donne [...] Una guerra che ha [...] un obiettivo strategico, più a lungo termine: impedire alle donne in Italia di essere libere di scegliere, di vivere, di amare. È quindi una storia che ci riguarda da vicino...” Ci riguarda, tutti, perché nel 2011 sono state assassinate 137 donne. Erano già 80 quest’anno, quando Iacona ha mandato in stampa. E i casi isolati, le anomalie, presi tutti insieme si chiamano strage.
Laura Costantini
per loro la storia finisce quando si scopre il cadavere, l’assassino ha confessato [...] Una volta che la marea emotiva si abbassa, non è più la storia di tutti, ma solo un brutto fattaccio che non ci riguarda
RispondiEliminaE' questo, il punto, credo...
E' qui la differenza, tutta la differenza: nel modo di sentire.
Per un uomo, ogni tragedia è sempre qualcosa di estraneo, finché non lo riguarda in prima persona.
Anche una guerra, tende a viverla come una questione di chi vince e chi perde, di chi ha ragione e chi ha torto.
Mai come il fallimento di ogni possibile dialogo, sempre come la supremazia della forza sulla ragione.