giovedì 14 marzo 2019

Lussuria - Vizi e Virtù - scrittrice allo sbaraglio: Cetta De Luca




Ti sbarcano su un pianeta sconosciuto e devi spiegare agli autoctoni cos’è il vizio o la virtù che ti è capitato in sorte. Cosa dici?
Dopo averli studiati per bene per cercare eventuali caratteristiche in comune (con la fortuna che mi ritrovo probabilmente saranno delle piccole palle pelose), cercherei di danzare con movimenti sinuosi intorno a loro, guardandoli negli occhi – avranno gli occhi giusto? - per trovare il contatto visivo. Poi tirerei fuori un mazzo di carte del Kamasutra.

Nella vita hai esercitato la lussuria: raccontaci.
Dipende molto dal significato che si vuol dare alla “lussuria”, se vogliamo considerarlo nella sua accezione religiosa o se vogliamo riferirci alla ricerca del piacere in abbondanza. In questo secondo caso allora dico “chi è senza peccato scagli la prima pietra.” In fondo si definisce lussuriosa anche la Natura quando è generosa nel donarci i suoi frutti, e mai ci sogneremmo di considerarla oscena per questo. Sono lussuriosa ogni volta che affronto un banchetto prelibato, ogni volta che mangio con le mani, ogni volta che tuffo la faccia in un tiramisù fatto a regola d’arte.
Sicuramente cerco il piacere quando sono sessualmente attratta da qualcuno, non vedo perché dovrei fare sesso provando disgusto o raccapriccio, e sono anche convinta che dalla reciprocità di questa ricerca del piacere possano scaturire solo effetti benefici.
La Treccani però ci parla di “desiderio ossessivo e smodato”, di dominio dei sensi su… su cosa? Autocontrollo? Ma non a letto, suvvia, siamo sinceri.

Non tenevo mai conto del fuso orario. Quando atterravo dall’altra parte del mondo tutto mi appariva offuscato e denso, appannato da quella nebbiolina che saliva dalla vegetazione opulenta. I Caraibi erano questo, caldo, odori, suoni, stordimento.
Mi spogliavo dei vestiti quotidiani e indossavo quelli impalpabili delle vacanze, che bastava un alito di vento a smuoverli. La serata cominciava prima ancora di mettere piede in albergo, perché i piedi, i fianchi, le braccia, la testa, cominciavano a muoversi al ritmo della musica, che era ovunque, e in un attimo dimenticavo le ore di volo, dimenticavo la stanchezza, chi ero, dimenticavo tutto: c’era solo quella donna che si specchiava nel vetro della porta d’ingresso e che si compiaceva.

Consiglia un romanzo che parla del vizio in questione e spiegaci la scelta.
Più che un romanzo suggerirei un’intera serie, quella su Angelica la Marchesa degli Angeli dei coniugi Golon, una lettura che mi ha appassionata e turbata nelle mie notti insonni da adolescente. Tra le righe di un romanzo storico si possono celare, neanche poi tanto, molte sfumature di rosso, raccontate col garbo consono alla corte del Re Sole.

Facci leggere un brano attinente alla lussuria
Ho scelto un brano da Il Piacere, il momento in cui Andrea Sperelli racconta l’abbandono suo e di Elena Monti alla felicità e libertà del sesso.
Egli aveva alfine la conscienza intera della sua felicità.
Una felicità piena, obliosa, libera, sempre novella, tenne ambedue, dopo d'allora. La passione li avvolse, e li fece incuranti di tutto ciò che per ambedue non fosse un godimento immediato. Ambedue, mirabilmente formati nello spirito e nel corpo all'esercizio di tutti i più alti e più rari diletti, ricercavano senza tregua il Sommo, l'Insuperabile, l'Inarrivabile; e giungevano così oltre, che talvolta una oscura inquietudine li prendeva pur nel colmo dell'oblio, quasi una voce d'ammonimento salisse dal fondo dell'essere loro ad avvertirli d'un ignoto castigo, d'un termine prossimo. Dalla stanchezza medesima il desiderio risorgeva più sottile, più temerario, più imprudente; come più s'inebriavano, la chimera del loro cuore ingigantiva, s'agitava, generava nuovi sogni; parevano non trovar riposo che nello sforzo, come la fiamma non trova la vita che nella combustione. Talvolta, una fonte di piacere inopinata aprivasi dentro di loro, come balza d'un tratto una polla viva sotto le calcagna d'un uomo che vada alla ventura per l'intrico d'un bosco; ed essi vi bevevano senza misura, finché non l'avevano esausta. Talvolta, l'anima, sotto l'influsso dei desiderii, per un singolar fenomeno d'allucinazione, produceva l'imagine ingannevole d'una esistenza più larga, più libera, più forte, « oltrapiacente »; ed essi vi s'immergevano, vi godevano, vi respiravano come in una loro atmosfera natale. Le finezze e le delicatezze del sentimento e dell'imaginazione succedevano agli eccessi della sensualità.” 
Ambedue non avevano alcun ritegno alle mutue prodigalità della carne e dello spirito. Provavano una gioia indicibile a lacerare tutti i veli, a palesare tutti i segreti, a violare tutti i misteri, a possedersi fin nel profondo, a penetrarsi, a mescolarsi, a comporre un essere solo.”

Meglio sperimentare vizi o esercitare virtù? Sii sincera.
Credo proprio che sperimentare vizi sia di per sé una virtù, perché non è facile essere sempre coerenti. Spesso si cade nella tentazione di essere virtuosi… In ogni caso mi domando, come potremmo apprezzare le virtù senza aver prima sperimentato il vizio?

Inventa un titolo accattivante che contenga il vizio che ti è toccato.
Non è peccato

Pubblicizza una tua creatura.
Qualche anno fa decidemmo, io e il mio amico e collega Marco Reale, di provare a scrivere un romanzo erotico a quattro mani. Non ci confrontammo prima sulla storia da scrivere, sapevamo solo che doveva avere a che fare con il tango. Dopo aver letto i rispettivi incipit ci rendemmo conto che stavamo scrivendo la stessa storia ma da due punti di vista differenti, lei e lui. Alla fine è nato TanguEros.


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