Mentre scriviamo si è diffusa, non confermata, la notizia
che Rossella Urru, la cooperante italiana rapita in Algeria quattro mesi fa,
sarebbe stata liberata. Nella speranza che quando leggerete questo articolo
Rossella sia effettivamente libera e magari già restituita all’abbraccio dei
suoi cari, allontaniamoci dal particolare per approdare al generale. Ormai
essere fuori dai social network significa essere fuori dallo stormo di notizie
e pettegolezzi che svolazza sempre più nutrito nel cielo della Rete. Avrete
sentito parlare di Twitter. Nasce per scambiare sms di 140 tassativi caratteri,
con la differenza che ogni messaggio arriva contemporaneamente a tutti coloro
che si sono dichiarati interessati alla vostra opinione. Ovvio che più seguaci
(in gergo follower) si hanno, più ci si sente importanti. Non ci sono regole
fisse per catturare seguaci e le tendenze più diffuse sono due: uniformarsi al
comune sentire oppure andare decisamente controcorrente. Non possiamo dire quale
delle due paghi di più ma possiamo darvi conto di scontri di schieramenti l’un
contro l’altro armati che attengono alla cronaca più recente. Partiamo proprio
da Rossella Urru. Quattro mesi nelle mani di Al Qaeda e un assordante silenzio
dei media, rotto a Sanremo da Geppi Cucciari. Poi succede che due soldati
italiani in servizio antipirateria su una petroliera nell’Oceano Indiano
vengano accusati di aver ucciso a fucilate due innocenti pescatori indiani. E
vengano arrestati. Immediata la mobilitazione della Rete per sostenere i marò e
il loro immediato rilascio. In effetti il governo italiano si mobilita, com’è
giusto che sia. Ed ecco che ai cinguettii pro-marò (tweet significa proprio
cinguettio) si contrappongano quelli pro-Rossella Urru. Come se l’una cosa
escludesse l’altra. Rosario Fiorello, cinguettatore compulsivo, rilancia
l’appello per Rossella e oggi (sperando che la notizia sia confermata) è tutto
un cinguettare: è merito di Fiorello. No, è merito delle trattative dello stato
italiano. Cambiano le modalità, ma i tempi son sempre quelli di Coppi e
Bartali. Si sceglie lo schieramento e poi si parte alla carica. Il cinguettio è
stato a dir poco feroce riguardo la vicenda di Luca Abbà, l’attivista NoTav
caduto dal traliccio: eroe o esaltato? Se i cinguettii uccidessero, si sarebbe
visto scorrere il sangue. Così anche per lo scontro tra un altro attivista
NoTav e il carabiniere ormai noto come pecorella.
Opposte partigianerie, opposti modi di pensare e possiamo capirlo, visti
gli argomenti che riscaldano gli animi. Ma giovedì scorso è morto Lucio Dalla e
uno si aspetta un cinguettio unanime, come quello di uno stormo di storni al
tramonto. Invece anche qui si è trovato il modo di scontrarsi. Perché qualcuno
ha twittato la più idiota delle domande: ma al posto di Dalla non poteva morire
Gigi D’Alessio? E altri hanno giustamente risposto che la madre dei cretini è
sempre incinta.
Laura Costantini
Fra le tante cose che abbiamo perduto, che, a elencarle, mi ci vorrebbe un giorno, c'è anche il senso della misura. Se, nel parlare, utilizzassimo la sobrietà (parola, anche questa, da collocare nel suo giusto ambito), staremmo un po' meglio tutti. E ci vergogneremmo di meno.
RispondiEliminaSai Milvia, ho la netta impressione che la vergogna per ciò che si dice o si fa sia ormai un retaggio del passato.
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