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Puoi sentirmi?
La galleria che trafora la collina è
vecchia. Risale al 1921. Chissà come hanno fatto all’epoca a realizzarla,
quanto tempo ci hanno messo e se hanno corso il rischio di far crollare i
palazzi là sopra. O magari i palazzi non c’erano ancora. La collina Fleming non
era un quartiere in
della capitale. E’ vecchia la galleria, si vede dalle infiltrazioni d’acqua che
incrostano le pareti con colate di varie gradazioni di grigio, dal nero al
quasi bianco del calcare. E’ vecchia, si sente dal freddo che punge anche
quando tieni i finestrini chiusi. Ha uno spessore diverso, un peso specifico
maggiore, che schiaccia anche le telecomunicazioni. Quando sei nella galleria
la radio si zittisce, il telefonino perde la connessione. Se sei costretto a
fermarti hai la sensazione di trovarti in un altrove dove qualunque cosa
potrebbe accadere.
Puoi sentirmi?
E’ vecchissima anche la grata. Non mi
giro a guardarla. Mantengo il collo rigido, il mento eretto. Guardo il
portellone posteriore dell’auto che mi precede, mi faccio ferire gli occhi
dalla vampa dello stop acceso. Piede pigiato sul freno, ma pronto a scattare.
Il semaforo è appena fuori della galleria e nessuno, mai, vorrebbe che passasse
al rosso. La galleria è vecchia e chissà quante ne ha viste, quante ne ricorda,
quante ne potrebbe ancora tirar fuori. Magari proprio dalla grata rugginosa.
Puoi sentirmi?
Che spessore possono avere le pareti per
bloccare le onde radio? Dagli altoparlanti non escono neanche fruscii, solo
silenzio. Le note di Ligabue si sono infrante contro un muro di roccia. Le
strofe di “Niente paura” sono avanti e dietro di me. Ma non sono qui, non sotto
la vecchia galleria dalle pareti incrostate. Crepe? No, non ci sono crepe.
Tutto solido, massiccio, antico.
Puoi sentirmi?
Quanti anni sono che la percorro? Tanti.
E nel gioco delle probabilità non mi è mai capitato di dovermi fermare proprio
qui, in questo punto perfettamente equidistante dalle estremità, dall’uscita e
dall’entrata. Non vedo nessuna delle due perché la vecchia galleria descrive
una curva. Non una curva eccessiva, ma se ti trovi qui dove sto io adesso, un
qualche gioco di prospettiva ti impedisce di vedere da dove vieni e dove stai
andando. E l’impossibilità di gettare lo sguardo avanti o indietro spinge a
guardare di lato.
Puoi sentirmi?
La grata. Se aprissi lo sportello potrei
toccarla. Sentire la superficie scabra del metallo ossidato. Lo so. Non ho mai
provato, non ho intenzione di farlo neanche adesso. Però lo so. E comunque non
mi giro a guardarla. Essere consapevole che esiste è già abbastanza. Devo
ignorarla. In fondo si tratta solo dei pochi secondi di semaforo rosso. Quanti
possono essere? Trenta? Sessanta? Un niente. Lo posso tenere lo sguardo fisso
sul portellone dell’auto che mi precede per un minuto, senza girarmi? Certo che
posso.
Puoi sentirmi?
Raschia… Qualcosa raschia contro lo
sportello. E’ come un gesso sulla lavagna, come un’unghia contro il vetro.
Raschia. Il silenzio della radio è assordante. Mi azzardo a chinare lo sguardo
verso il cellulare, sulla mia destra. Non c’è campo. Riporto gli occhi avanti
cercando di escludere la visione laterale. Alzo il mento. La grata è quasi a
livello strada. Se tengo alta la testa non posso proprio vederla. La parete
curva della galleria, le striature di decenni di acqua infiltrata, ma la grata
no. La grata non è nella mia visuale e ormai il semaforo sta per scattare sul
verde. Giuro che appena ci muoviamo di qui, mi faccio una risata da farmi
venire il mal di stomaco.
Puoi sentirmi?
Ignoralo. Ignora quel raschio contro lo sportello.
Scommetti che quando arrivi al parcheggio non c’è neanche un segno sulla
carrozzeria? Guarda avanti, ancora qualche secondo e sei fuori. E da domani si
fa un’altra strada. Si passa dal Muro Torto che è pure più vecchio di questa
galleria, ma non ci sono grate lì, nessuno raschia sugli sportelli. Soprattutto
non ci sono voci.
Allora mi
senti!
La grata. C’è qualcosa dietro la grata.
Qualcuno. Ne incrocio lo sguardo. Gli stop dell’auto davanti smettono di
sanguinare luce. Il tubo della marmitta vibra, ne esce gas di scarico. Vedo
ruote sfilarmi davanti. Riconosco il battistrada nuovo di quelle che ho
cambiato solo una settimana fa. La mia auto si allontana, seguita da tutte le
altre e io resto qui, dietro la vecchia grata, le dita infilate tra le sbarre.
E comincio a urlare.
Puoi
sentirmi?!
Laura Costantini
brrr... meno male che non guido e quando siedo al posto dell'accompagnatore... accompagno poco perché dormo! fiu! io l'ho scampata!
RispondiEliminaCristiana Iannotta